Questo che mi accingo a raccontare è un esempio di quello che può accadere nel nostro gruppo quando, per una serie drammatica di coincidenze, si affronta una sessione in carenza di birra e si è quindi costretti ad assumere acqua e coca cola…
Il gruppo di eroi deve accedere ad un castello magico che si erge svolazzante a svariati metri di altezza. Nel mentre si trovano pensosi in cima ad una collina, vengono raggiunti da una sorta di imbarcazione fluttuante. Alla sua guida, abilmente gestendo una pertica che sembra far leva nel vuoto, una spettrale creatura il cui aspetto tetro e drammatico, con tanto di occhi rossi luminescenti, viene solo parzialmente attenuato dalla maglietta a righe rosse e bianche ed il cappello nero con la falda.
Il gondoliere spettrale con un cenno invita la compagnia a salire sulla propria imbarcazione e quindi comincia a far rotta verso il castello. Durante il tragitto, del tutto insollecitato, ma in linea con la millenaria ed extraplanare tradizione dei gondolieri veneziani, comincia a intonare una canzone.
Il triste testo narra di come egli sia stato maledetto e costretto ad una non-vita finché egli non abbia trasportato almeno 1000 persone nella sua empia imbarcazione. Nel cantare questa parte egli indica ai finora coinvolti avventurieri una specie di tassametro, su cui campeggia laconico il numero ’27’.
Che il momento di potenziale tristezza fosse in fase di declino, fu chiaro quando, durante la sedicente triste canzone, accadde che il Non-Morto prese a intonare allegramente una nuova strofa che diceva: "… e fu così che mi trasformai un un’empia…" per poi fermarsi osservando con aspettativa gli avventurieri che, sempre cantando e in coro aggiunsero:"…CREATURA!"
A quel punto venne abbandonata ogni forma di decenza fantasy. Il Diemme ci informa che la canzone sfuma per prendere un ritmo techno, Fuochi Fatui appaiono dal nulla intorno alla barca e cominciano a pulsare ritmicamente mentre la compagnia si accinge a conquistare finalmente l’approdo del castello (o quel che è). La ciliegina sulla torta giunge quando Sarek, poco prima di scendere dalla barca, si ricorda di un’inutile abilità che aveva acquisito quando era giovane e inesperto e chiede al Diemme: "Scusa, io so parlare la lingua dei Fuochi Fatui, ma questi che dicono?" e il Diemme senza scomporsi: "Dicono qualcosa tipo ‘UNZ UNZ UNZ’"