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Capitolo III

Il viaggio verso il meritato riposo fu di una velocità sconcertante. Fummo quasi immediatamente assaliti e rapiti da una banda di hobgoblin e ci ritrovammo, chi nudo chi in perizoma, chiusi in una oscura caverna. Nostri allegri compagni di prigionia un gruppo di contadini emaciati, una coppia di elfi, un mezz’elfo dalle mani spappolate, uno gnomo assorto in astruse considerazioni, un folletto cui avevano strappato le ali, una spia goblin, un hobgoblin contestatore, un vecchio mago rincoglionito e last but not least una nobile elfa di rara bellezza, sottolineata anche dal fatto che anch’ella, come tutti gli altri, era completamente nuda. La seconda cosa che ci sconvolse fu invece il fatto che nessuno poteva lanciare incantesimi, né maghi né chierici. Rimanemmo così intontiti per parecchio tempo, senza far niente, anche perché eravamo incatenati mani e piedi alla parete, poi riuscimmo a convincere il mezz’elfo a liberarci con uno spillo che egli manovrava con perizia con la bocca (ed i commenti maliziosi si sprecano). Grazie a lui ed alla forza dei nostri guerrieri riuscimmo a liberarci dopo qualche ora di lavoro. Il goblin ci osservava con grande attenzione, troppa, tanto che Bagamar in una mossa atta sia ad intimorirlo sia a far colpo sulla bella elfa sbottò: “Se chiami qualcuno ti inchiappetto!”. L’elfa effettivamente rimase colpita da tale sagacia oratoria, non abbiamo mai saputo se in modo favorevole o meno. Non riuscimmo però ad aprire la porta della nostra prigione, nonostante la mia abilità con le mani e la bocca del mezz’elfo (e vai con i doppi sensi!).
I prigionieri ci guardavano a metà tra l’impaurito e lo speranzoso e qualcuno fu preso da crisi isteriche presto sopite. Il goblin cominciò ad agitarsi parecchio, ma non riuscì a fare molto poiché cadde pugnalato dalla nobile elfa (nessuno ebbe successivamente il coraggio di chiederle da dove aveva tirato fuori il pugnale).
Eravamo comunque di nuovo bloccati ed il rischio che le guardie potessero tornare diveniva, minuto dopo minuto, sempre più grande. Ci giunse insperatamente in aiuto il vecchio mago che tirò fuori dal proprio deretano una fialetta. Superato un nostro comprensibile momento di disgusto, ci spiegò che era la sua ultima pozione della metamorfosi e che egli la donava a noi, tanto lui non aveva più tanto da vivere… ed infatti morì.
Bagamar si offrì coraggiosamente di provare la pozione e si tramutò in una mosca (mai attinenza provenienza pozione – effetto fu più azzeccata). Dopo lungo peregrinare in un buio sotterraneo, riuscì a ritrovare tutti i nostri averi, e tornato in forma umana indossò tutti i più potenti artefatti magici in nostro possesso. Così bardato egli tornò con fare tranquillo verso la prigione, massacrando annoiato tutto ciò che gli passava davanti. I poveri hobgoblin fuggirono in preda al panico di fronte alla furia del nostro guerriero. Quando egli finalmente ci liberò gliene fummo tutti grati, eccetto Duncan le cui prime parole a lui indirizzate furono: “Bene, adesso rendimi la MIA cintura della forza!”.
Baldanzosi ci lanciammo fuori della prigione conducendo anche gli altri prigionieri. Presto però fummo bloccati da un enorme verme spuntato dalle viscere della terra. Grave errore per la povera bestia, che si trovò presto bersaglio di palle di fuoco, fulmini e spadate di immane violenza…
…Ci sono momenti nella vita di un avventuriero in questo mondo, in cui tutto scorre in maniere sconclusionata e confusa, ed in cui il miglior modo per tirare avanti con un minimo di sanità mentale, è quello di non farsi domande. Fu quindi con una certa naturalezza che ci svegliammo improvvisamente a poca distanza dal dungeon ove avevamo posto temporaneamente fine alla storia del Tarrasque. E fu con una certa dose di convinzione ed ipocrisia che accettammo il fatto de aver vissuto tutti insieme lo stesso sogno.
Qualcuno ipotizzò segnali divini o premonizioni, ma quale possa essere il significato nascosto di un gruppo di avventurieri nudi in una prigione lo ignoro. Essendo un sogno, personalmente, avrei preferito approfondire il discorso della nobile elfa, anziché focalizzarlo su mostri e vermi… le divinità a volte sono proprio enigmatiche!
Asciugammo le consuete pozze di sudore che lasciamo tutte le volte che ci capitano incubi di tale risma e barcollanti procedemmo nelle nostre avventure. Decidemmo che era ora di tornare alla capitale a goderci i frutti di anni di peregrinazioni e massacri, ma la cosa fu ampiamente ostacolata dal fatto che i cavalli, ligi alle usanze del nostro mondo, erano improvvisamente spariti. Valtor ed un intontito Ishan optarono per teletrasportarsi alla loro Torre e lasciarono i compagni ad annaspare in una terra stranamente deserta.

La Torre della Magia era diversa. Saltò subito agli occhi dei due maghi. Non solo per il fatto che l’austera torre aveva preso ora un aspetto goticheggiante (qualunque cosa voglia dire), ma soprattutto per uno strano cartello posto accanto alla porta. Ed era quel cartello che aveva colpito in modo particolare soprattutto Valtor. Vi era disegnato un mago dalla veste bianca con sopra una enorme croce, sotto una scritta piuttosto esplicita “I MAGHI BIANCHI NON SONO GRADITI!”. Valtor non è un tipo da farsi intimidire da un cartello, ed infatti si rese invisibile, nell’incertezza si nascose dietro a degli alberi e disse ad Ishan di andare a vedere che cavolo era successo nella Torre.
All’interno Ishan trovò un ambiente composto essenzialmente da maghi neri e rossi (pochi di questi ultimi). Fermò una giovane veste rossa e gli chiese qualche informazione. L’apprendista confermò che le vesti nere avevano ora il potere, i bianchi erano tutti uccisi o fuggiti, e solo le vesti rosse erano tollerate, seppure a stento. Il nostro mago stava quasi per salutare quando il giovane decise di aggiungere, sottovoce, che secondo lui un tale squilibrio non era giusto e che i bianchi avrebbero dovuto essere presenti.
Ishan non fece in tempo a replicare che un fulmine magico incenerì il malcapitato. Una veste nera guardò torvo il nostro compagno, che sorrise con noncuranza. Tornò velocemente da Valtor che non si sorprese più di tanto di essere stato subito trovato dall’amico nonostante invisibile ed assieme si misero in viaggio verso la capitale.
Dopo poco furono fermati da una pattuglia di hobgoblin probabilmente insospettiti dal fatto che c’era un guerriero – mago sulla strada che parlava animatamente da solo. Confusi fermarono l’individuo rivolgendosi a lui al plurale: “Se volete passare, dovrete pagare un pedaggio! In monete di acciaio!”.
Valtor prese un paio di monete d’oro con noncuranza e gliele porse. Gli hobgoblin trasalirono, non si sa per il fatto di avere di fronte delle preziose monete d’oro oppure per il fatto che queste stessero volteggiando da sole nell’aria di fronte a loro… ma l’avidità ebbe il sopravvento e le afferrarono: “Dove le avete prese?” chiese sospettoso il capo dei goblinoidi all’aria intorno a lui. “Ce le ha date il capo delle vesti nere per un servigio…” rispose Valtor sempre invisibile. L’hobgoblin si fece da parte: “Passate pure”. I nostri eroi proseguirono quindi il viaggio, Ishan un po’ confuso e convinto di aver perso qualche particolare importante.
Nel frattempo il resto del gruppo era giunto ad una triste capanna, dove vivevano presumibilmente gli ultimi due abitanti rimasti di quelle terre. Un contadino disperato dall’età apparente di 70 anni, piangeva sul letto di un bambino, in pessime condizioni di salute. Con una certa riluttanza Duncan decise di usare i propri poteri magici per curarlo. Dopo poco il bimbo si risvegliò. Il nostro chierico non perse tempo e decretò che egli adesso gli doveva la vita e che d’ora in poi sarebbe stato suo servo. Un po’ perplessi i due raccontarono una storia deprimente di giovani mogli defunte da poco, bambini orfani che parlano con amici immaginari e di un cadavere misterioso ritrovato lungo il fiume. Il bimbo aveva rinvenuto uno strano contenitore sul corpo del defunto e nell’aprirlo aveva aspirato uno strano gas. Ci facemmo consegnare il contenitore che aprii tra mille cautele (inutili, in quanto la trappola era già scattata, ma di sicuro effetto drammatico). All’interno vi erano due strane pergamene, che facevano riferimento ad un favoloso tesoro che probabilmente il tapino avventuriero stava cercando. Nuovamente la sete di denaro ed avventura ci pervase, fu quindi con pronta decisione che decidemmo di recuperare i nostri due maghi e quindi finalmente visitare la capitale per fare infine una situazione dei nostri averi presso la banca locale.
Giungemmo alla capitale verso il crepuscolo, e raggiungemmo velocemente i nostri maghi che si erano resi entrambi invisibili, ma che a quel punto si stavano seriamente chiedendo l’utilità di tale incantesimo. Nel notare che la nostra città natia era profondamente trasformata, incendiata in più punti, praticamente in rovina e con un esercito di individui in armatura nera accampato fuori dalle mura, decidemmo che forse era in corso qualcosa di grave. Behrn Hack disse che niente era meglio che chiamare fuori qualcuno per interrogarlo e fummo tutti concordi nel fatto che il metodo migliore per fare un prigioniero era quello da lui proposto: evocare una tempesta ed inondare la città di fulmini.
Capimmo dopo qualche minuto di bufera che forse, questa, non era stata una buona idea. Trasformato l’accampamento e la città in un immenso formicaio, con parte dell’esercito nemico in marcia verso di noi e con un folto gruppo di maghi in procinto di litaniare chissà quale arcano incantesimo, decidemmo che forse sarebbe stato meglio dedicarsi alla caccia a quel tesoro cui avevamo scoperto traccia quel mattino.

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