Dopo migliaia di anni, pochi ricordano il nome di Hawabi (umano truenamer 8°), calligrafo della corte di Sua Eccellenza l’Imperatrice Himiko, sovrana millenaria del Giappone dell’Età Mitica.
Eppure come è possibile dimenticare le gesta di Hawabi, la cui arte era tale che i suoi ideogrammi acquistavano vita e potere tra le sue mani?
Come dimenticare la sua mano delicata che richiudeva una ferita scrivendovi sopra il kanji “sollievo?”
Come non tramandare ai posteri la sua cultura, la sua nobiltà e il rispetto che portava ai suoi compagni di più bassa estrazione sociale, cioé tutti?
Eppure è meglio che non si ricordino certe scene: come quando, di fronte alla nostra amata Regina, l’emozione fu tale che si dimenticò tutto quello che doveva dire, finendo frustato fino a che il DM non fu mosso a pietà.
E quando, grazie al suo occhio d’aquila, individuò un ninja invisibile sul luogo del delitto, non trovò migliore condotta che urtarlo intenzionalmente, per manifestare di aver avvertito la sua presenza. Il perché è un segreto sconosciuto persino a lui.
Il ninja salvò la sua missione e la sua segretezza impiccando Hawabi a una trave della sua stanza da letto; e la sua vita fuggì via, breve come la fioritura dei ciliegi.
A imperitura memoria, sperando che il suo giocatore lo riprenda quando sarà più lucido, egli stesso pose.